Lavorare nel settore culturale: l’Exhibit Designer #9
Siamo tornati con la Rubrica dedicata al lavoro nel settore culturale, e questa volta abbiamo intervistato un nostro amico e collega: Andrea Isola, quello di #appuntidiunexhibitdesigner 📝
Ciao e welcome back nella newsletter di Hubove Studio! Nel nostro ultimo articolo abbiamo parlato di Sanremo e del motivo per cui si sottovaluta ancora troppo il Social Media Marketing. Oggi invece parliamo di una persona che lavora nel settore culturale anche grazie al suo posizionamento sui Social Media, in particolare Instagram.
Se ci segui su questo social sai quanto siamo fan di chi utilizza i social media per lavorare al proprio personal brand (o corporate brand nel caso di istituzioni) e dobbiamo dire che il lavoro che Andrea Isola fa da anni su Instagram è stato oggetto di nostro interesse.
E adesso, immergiamoci nel mondo dedicato agli allestimenti di mostre e non solo 🏛
Andrea Isola, classe 1990, sardo e torinese d’adozione, è la mano creativa di alcuni degli allestimenti che negli ultimi anni hanno animato le fiere, le gallerie e musei italiani. Parlare con lui e del suo percorso, ci porta a riflettere su quante opportunità e nuove professioni possano ancora essere scoperte e, a volte create, nel settore dell’arte e della cultura.

1. Ciao Andrea, benvenuto nel blog di Hubove Studio! Conoscerai già questa Rubrica in cui intervistiamo le persone che lavorano nel settore culturale. Prima di arrivare al nocciolo della questione lavoro però, iniziamo con la domanda di rito: che studi hai fatto?
Ciao Hubove, grazie per questo invito! Sarò breve e conciso: al Liceo Scientifico amavo le lezioni di disegno tecnico, perciò, una volta terminata la scuola mi sono iscritto alla Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura all’Università di Cagliari. Successivamente, ho voluto completare i miei studi fuori dalla Sardegna, frequentando la specialistica di Architettura Sostenibile al Politecnico di Torino.
2. Bene, da un percorso accademico abbastanza “ordinario” ne è uscita una professione che definiremmo “fuori dall’ordinario”. Che cosa (o chi) ti ha spinto a diventare un Exhibit Designer? Ma soprattutto, ci spiegheresti chi è e cosa fa un Exhibit Designer?
Parto dalla fine così facciamo chiarezza fin da subito.
L’exhibit designer è un progettista di allestimenti di mostre, stand e fiere d’arte.
L’arrivo a Torino mi ha aperto le porte verso questo mestiere, a me al tempo, ancora sconosciuto. È stata una pura casualità perché è capitato che, al termine del primo semestre al Politecnico, un professore mi chiese se volessi fare un tirocinio all’interno di una fiera d’arte. Ho accettato senza sapere a cosa stessi andando incontro, pensando che sarebbe stata un’occasione per conoscere nuove persone.
Da quel momento in poi, anno dopo anno, son stato richiamato dalla stessa fiera e da altri clienti di altri eventi, ho conosciuto numerosi addetti al settore e mi son reso conto che lavorare per gli eventi mi rendeva felice.
3. Da cosa prendi spunto nell’ideare e realizzare i tuoi progetti? Si tratta di pura ispirazione o ci sono degli elementi da tenere in considerazione? In altre parole, ti senti più un creativo o un tecnico?
Mi piace definirmi un creativo, perché è la parte che preferisco del mio lavoro, ma devo ammettere che creatività e tecnica occupano la stessa percentuale nell’esecuzione di un progetto di allestimento. La creatività è la base, ma senza i fondamentali su come poter realizzare un’idea, rimarrebbe solo un progetto nella mia testa.
Per fondamentali intendo conoscere i fornitori, i materiali che trattano e in che modalità, i prezzi, rimanendo costantemente aggiornati sulle novità.
Lo spunto per un nuovo progetto arriva sempre dal tema di mostra, dal messaggio che artista e curatore/trice vogliono raccontare al pubblico.
Successivamente si lavora parallelamente tra tema di mostra, tipologia di opere da esporre, sala espositiva e budget a disposizione.
È un grande gioco di incastri e compromessi.
A volte capita di avere un’idea brillante ma se si lavora in luoghi con svariati limiti architettonici, bisogna escogitare un piano B che sia altrettanto brillante.
4. Raccontaci un progetto espositivo che per te è stato sfidante ma che, guardando indietro, ti fa dire: meno male che l’ho fatto!
Al “menomale che l’ho fatto!” ti direi tutti, ma non perché non sappia sceglierne uno, perché anche quello fatto nelle condizioni meno favorevoli (mi viene in mente che nel 2018 ho fatto letteralmente “after” in cantiere, restando sveglio 26 ore, per consegnare un’intera fiera in 33 ore totali) mi ha insegnato come gestire meglio alcune situazioni, che a volte è preferibile lasciare determinati clienti piuttosto che continuare a lavorarci o, semplicemente, capisci cosa ti piace fare o cosa non vuoi più ripetere.
5. Siamo arrivati alla domanda finale: cosa consiglieresti a una persona che oggi vuole lavorare nel settore dell’arte e della cultura? E soprattutto, cosa consiglieresti a chi vuole fare il tuo stesso lavoro (Ehi… non è che per caso cerchi un* stagista?)!
Consiglierei di non aspettare la fine dell’università per fare le prime esperienze ma di approfittarne durante gli studi. Attualmente è molto più importante avere un anno di esperienza in più (e non parlo solo di lavoro, ma anche di contatti e pubbliche relazioni) che laurearsi perfettamente giusti nei tempi accademici. Dall’esterno non sembra, ma all’interno del mondo dell’arte ci sono tantissime varietà di lavori (dall’allestitore all’ufficio stampa, dal reparto comunicazione di una fiera al trasportatore, dal controllore di sala al capo sicurezza, da chi si occupa di logistica a chi ha a che fare con le vendite e il mercato dell’arte, giusto per citarne alcuni) che magari solo con un percorso universitario non si riesce a conoscere (io stesso ho scoperto il mio attuale mestiere fuori dagli studi universitari!).
A chi vuole fare il mio mestiere, come diceva Achille Castiglioni, consiglierei di essere curioso, di andare a vedere mostre e fiere, di visitare aziende, di conoscere i materiali e le loro lavorazioni, di confrontarsi con altri addetti al settore.
Per le basi che ho posto in questo 2024, potrebbe essere l’anno giusto per lavorare insieme ad un collaboratore o collaboratrice, vedremo!
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